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Google Living Store : Il Futuro Delle News Online

E una nuova piattaforma sperimentale di Google testata sul New york Times e il Washington Post che permette di rivalutare completamente il concetto di aggregazione online delle notizie.
Qualche tempo fa il servizio di Google News era stato aspramente criticato da alcuni grandi editori che lo avevano accusato di spacciarsi impropriamente per un organo di stampa mentre in realtà era solo un collage di notizie scopiazzate dai vari giornali online e messe a disposizione a costo zero, un parassita era stato definito allora.

Ma adesso Google è pronto a riscattarsi con il suo nuovo Google Living Store la nuova piattaforma di aggregazione delle notizie che Google sta testando sui maggiori quotidiani statunitensi. Questa piattaforma è stata sviluppata secondo le regole dell’open source ed è completamente a disposizione sia dei programmatori che degli editori, che possono portare la loro esperienza al servizio della piattaforma per migliorarla nei contenuti e renderla più utile alla comunità del web.

E’ giusto specificare che Google Living Store è di più di una semplice aggregazione di notizie come poteva essere Google News è uno strumento che dà a chiunque sia interessato a una notizia la possibilità di saperne di più e seguirne gli sviluppi in tempo reale contando sulla interattività garantita della rete. Per esempio se qualcuno è interessato ai fatterugli che stanno avvenendo in questi giorni nella città di milano basterà digitare “guerriglia a milano” o “disordini a milano” e la notizia sarà subito disponibile e lo stesso dicasi per argomenti più ampi come la guerra in Afganistan. Basterà impostare i parametri su un dato argomento. Se e quando questo diventarà di dominio pubblico sarà aperto a tutti gli editori e gli utenti potranno decidere se seguire o meno una notizia in maniera del tutto autonoma.

Per Google questa è la possibilità di venire incontro agli editori e riscattarsi ai loro occhi chiedendo loro anche una mano costante per migliorare di giorno in giorno il servizio.

Una mossa insomma che dimostra che lo slogan di Google Don’t be Evil (non essere cattivo) non è vero solo a parole.

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